Politico e
diplomatico francese. Nipote di Alexandre-Angélique, fu avviato alla
carriera ecclesiastica. La sua condizione nobiliare gli permise di conseguire
importanti benefici, tra cui quello della ricca abbazia di Saint-Denis, nella
diocesi di Reims (1775). Nel 1778 fu ordinato sacerdote; divenne quindi agente
generale del clero francese (1780), vescovo di Artun (1788) e delegato
ecclesiastico agli Stati Generali (1789). Schieratosi a favore della
nazionalizzazione dei beni del clero, si adoperò affinché la
Costituente approvasse il decreto che legittimava l'utilizzo delle ricchezze
della Chiesa da parte dello Stato (2 novembre 1789). Si pronunciò per la
costituzione civile del clero (1790), assurgendo a capo del clero costituzionale
e consacrandone i primi vescovi. Abbandonato il vescovado di Artun nel 1791, fu
scomunicato dal papa con l'accusa di essere uno scismatico e fu bandito dalla
Chiesa. La sua carriera diplomatica ebbe inizio poco prima dello scoppio del
conflitto austro-prussiano, con una missione a Londra finalizzata al
conseguimento della neutralità inglese (gennaio 1792). La buona
accoglienza riservatagli da W. Pitt, il felice esito della missione e la
convinzione che Londra, qualunque cosa fosse successa, non avrebbe rotto con
Parigi lo persuasero, una volta caduta la Monarchia francese (agosto 1792), a
emigrare in Inghilterra (settembre 1792). L'esecuzione di Luigi XVI (gennaio
1793) lo costrinse tuttavia a lasciare l'Inghilterra e a rifugiarsi negli Stati
Uniti: nel frattempo, infatti, era stato messo sotto accusa dalla Convenzione a
causa del ritrovamento di un carteggio con il sovrano stesso. Tornato in Francia
nel 1796, fu nominato ministro degli Affari esteri (1797) ma, presagendo
l'imminente caduta del Direttorio, nel 1799 diede le dimissioni.
Contrattò quindi l'accordo tra Sieyès e Bonaparte e agevolò
il colpo di Stato del 18 Brumaio, in seguito al quale il generale prese il
potere e
T. riebbe la carica di ministro. Allettato dalle
possibilità di ingenti guadagni, accusato di malversazioni sotto il
Direttorio e sotto il Consolato, fu comunque un brillante diplomatico e un acuto
interprete della volontà di Napoleone, del quale seppe conquistarsi la
fiducia grazie ai suoi modi raffinati e alla sua cultura. Ispiratore della
redazione degli Articoli organici (1801), negoziò i trattati di
Lunéville (1801), Amiens (1802), Presburgo (1805) e Tilsit (1807), e fu
insignito di importanti cariche: gran ciambellano (1804), principe di Benevento
(1806), vice grande elettore (1807). In seguito, venendo meno le sue speranze di
riuscire a instaurare un equilibrio politico in Europa e crescendo il suo
disaccordo nei confronti della politica espansionistica di Napoleone, al quale
aveva invano consigliato di allearsi con l'Austria (ottobre 1805), si
allontanò sempre di più dall'imperatore e nel 1807 presentò
le dimissioni. Continuò comunque a esercitare il ruolo di consigliere
privato di Napoleone per gli Affari esteri e, in tale qualità,
accompagnò quest'ultimo al Convegno di Erfurt (settembre-ottobre 1808),
dove in segreto convinse lo zar Alessandro I a non schierarsi dalla parte della
Francia contro l'Austria. Nel dicembre 1808, durante un periodo di assenza di
Napoleone, prese contatti con l'ex avversario Fouché, allo scopo di
destituire l'imperatore che aveva optato per l'intervento francese in Spagna.
Dopo il fallimento della campagna di Russia (1812-13), Napoleone gli
offrì il portafoglio degli Esteri;
T. rifiutò e,
accogliendo le richieste degli Alleati entrati a Parigi, costituì un
Governo provvisorio (1° aprile 1814) e fece proclamare dal Senato la
destituzione di Napoleone (2 aprile) e il principio della legittimità a
favore dei Borboni (6 e 8 aprile), che ripresero possesso del trono di Francia
con Luigi XVIII. Nominato ministro degli Affari esteri dal nuovo sovrano, il
1° maggio 1814
T. firmò il primo Trattato di Parigi; in
qualità di rappresentante della Francia presenziò quindi il
Congresso di Vienna dove, ottenendo l'alleanza segreta dell'Inghilterra e
dell'Austria contro la Prussia e la Russia (3 gennaio 1815), riuscì a
spezzare la coalizione dell'Europa contro la Francia e a salvare il prestigio e
la potenza di quest'ultima di fronte a tutto il mondo. Durante la Seconda
Restaurazione ricevette la nomina di presidente del Consiglio con il portafoglio
degli Esteri (luglio 1815) ma, malvisto dagli ultrarealisti, fu costretto a dare
le dimissioni (settembre 1815). Passato all'opposizione, nel 1830
appoggiò energicamente il Partito orleanista, favorendo in questo modo
l'ascesa di Luigi Filippo. Nominato Pari al Senato e ambasciatore a Londra
(1830), ebbe una parte preponderante nelle trattative che portarono al
riconoscimento del Regno del Belgio e alla stipulazione, nell'aprile 1834, della
Quadruplice Alleanza tra Francia, Gran Bretagna, Spagna e Portogallo. Nel 1834
abbandonò la carriera diplomatica.
T. è autore di cinque
volumi di
Memorie (pubblicati postumi nel 1891-92) e di un ricchissimo
epistolario. In questi scritti espone con lucidità i principi che lo
guidarono nel corso della sua lunghissima carriera diplomatica. In particolare
emerge che il fatto di mettere le sue doti politiche a disposizione di regimi
tanto diversi tra loro costituiva una conseguenza diretta della sua convinzione
della natura apparente di qualsiasi istituzione politica: in questa prospettiva
Monarchia, Repubblica, Impero e Consolato non erano altro che situazioni
oggettive che, di volta in volta, andavano ponderate e affrontate nella loro
realtà concreta. Tuttavia,
T. non si accorse di quell'elemento
nuovo e importantissimo che, da lì a poco, avrebbe deciso le sorti di
tutta l'Europa: la lotta per la libertà e l'indipendenza dei popoli in
nome di un principio morale (Parigi 1754-1838).